http://www.elisacella.it – elisacella@yahoo.it – studio via Parravicini 17, Monza
SUL MIO LAVORO
Bellezza, mistero e meraviglia sono racchiusi in ogni direzione in cui gli esseri umani decidano di indagare
il mondo, dall’infinitamente piccolo fino ad arrivare alle dimensioni dell’universo.
Bellezza ricca di domande e problemi etici che di volta in volta la conoscenza ci offre.
Una cellula che si duplica: apparentemente un gesto semplicissimo, che è alla base della vita. Eppure, noi
non sappiamo ancora del tutto come questo avvenga e come sia possibile passare da una pietra ad un corpo. Margherita Hack una volta ha proposto l’ipotesi che il ponte tra materia inanimata e vita potesse essere il fatto che che animarsi sia una caratteristica della materia stessa.
Niels Bohr, tuffandosi nel mondo quantistico e multidimensionale delle particella, finiva per dire che in fondo noi siamo qualcosa di reale costituito da qualcosa di irreale, estraneo alla nostra visione confinata nelle tre
o quattro dimensioni che percepiamo e abitiamo.
I miei lavori traggono ispirazione da questo: dalle immagini al microscopio, dalle teorie, dalle domande che l’essere umano si è sempre posto e si pone, dal mistero, da una visione immanente del reale.
Il mio modo di rappresentare è una rielaborazione pittorica e recentemente anche scultorea ed installativa
di tutto ciò, utilizzando come modulo di base il cerchio.
Il cerchio inanella la mia ossessività ed è una figura archetipica che ha molteplici connessioni: tondo è l’uovo dal quale siamo stati generati, tonda è approssimativamente l’apertura tramite cui siamo venuti al mondo
per trovarci su un pianeta sferico in rotazione su se stesso ed in orbita intorno ad un sole sferico, solo per
fare un esempio fra tanti.
I cerchi nei quadri sono fatti a mano, non uso normografi né compassi o forme. In alcuni quadri sono
lasciati più imperfetti in altri invece sono più controllati. Il lavoro tecnico è una continua tensione fra il controllo e la libertà del gesto. L’imperfezione è una caratteristica importante del mio lavoro.
Negli ultimi anni sto sperimentando nuovi materiali e tecniche, il mio lavoro rimane con una forte
componente bidimensionale, ma l’installazione e le luci ed ombre gli fanno abitare lo spazio in maniera
diversa ed inaspettata.
I miei lavori comunque assumono un’esistenza propria indipendente dalla mia ispirazione, una vita geometrico-astratta. Io la chiamo Bio-Astrazione.
L’IMPOSSIBILITA’ DEL REALE
Questi lavori sono stati esposti nella personale nella Galleria Villa Contemporanea.
Il fulcro della mostra era una riflessione su cosa differenzi il vivente dal non vivente e su cosa gli esseri umani percepiscano come vivente e su come lo definiscano.
L’installazione di ferro trae ispirazione da una cellula che si duplica, una delle caratteristiche di quasi tutti
gli esseri viventi. In foto si vede appena, ma nella reltà c’era l’ombra dell’installazione proiettata sui muri,
che variava durante la giornata e che le conferiva un’ulteriore dimensione.
I quadri ed i plexiglas sembrano rappresentare organismi biologici, come ad es. fiori o organismi acquatici, ma non lo sono.

19-C22 (ferro tagliato al laser, 340×270 cm, 2019)


RETE NEURALE
Cos’è la coscienza?
Dall’antichità alle moderne neuroscienze l’uomo ha cercato e cerca di dare risposta a questa domanda. Sottendendo questa domanda, mi faccio affascinare dalla bellezza dei neuroni: trovo belle ed eleganti la forma, le diramazioni, le simmetrie, i modi che hanno i neuroni di allacciarsi uno all’altro, di connettersi.
Attraverso quelle connessioni passano le informazioni che il nostro sistema nervoso elabora. Il sistema nervoso, che è formato da più di cento miliardi di neuroni, elabora percezioni, pensieri, emozioni, comandi, movimenti, intuizioni, tensioni, risposte, la gestione del funzionamento del nostro corpo, etc…
Tutto quello che siamo è lì, sineddoticamente: nelle connessioni neurali. Nel sistema complesso che è il sistema nervoso. Nei rapporti fra questa enorme quantità di neuroni ed il resto del corpo.
Non avendo una visione trascendente del reale, il mistero di tutto questo mi affascina.




BIANCO SU GRIGIO
Tessuto biologico. Cellule connesse.

EMBRIONE-DUPLICAZIONE
Serie di lavori che trae ispirazione poetica da duplicazioni cellulari e da un embrione umano.
Riecheggia in questi lavori lo stupore di fronte al mistero della vita: dalla magia della duplicazione di una cellula alla meraviglia della costruzione di un essere vivente. L’embrione è anche un puntofocale di discussioni di tipo etico, di problemi di fertilità e di ricerca della genitorialità caratteristiche della nostra epoca.


ROTONDI
Atomi, cellule o campi gravitazionali?

15-C04 (olio su acrilico su tela, 100x100cm, 2015)

DERMA

14-C04 (olio su acrilico su tela, 50x70cm, 2014)
UTRICULARIA

L’impossibilità del reale di Leda Lunghi
“ Definire il reale. E’ ciò che più importa ” sosteneva Simon Weil. Ma che cos’è il reale? Elisa Cella cerca di spiegarcelo attraverso la caratteristica principale delle sue opere e di tutta la sua poetica: la semplicità. Dietro questo elementare concetto ruotano le domande e i tentativi di risposta che l’uomo si è posto finora. Quest’artista raccontando la complessa semplicità di una cellula descrive noi, nella nostra più grande incognita.
L’arte è un luogo in cui cercare sogni, vite ed esistenze, essa è principio e fine, è ciò che è accaduto e ciò che accadrà. Sono sculture dell’inafferrabile quelle create da quest’artista, che partono dal concetto di nascita e rielaborano quello di fine. Un’arte che passa per la scienza, incontrando i concetti più profondi della filosofia teoretica. Arte che parla
di conoscenza, coscienza, etica ed estetica. Le opere di Elisa Cella rappresentano l’impossibilità del reale, in quanto evidenziano la nostra piccola essenza dinanzi all’immensità dei misteri del mondo, l’infinita riproducibilità degli organismi, il loro essere eterni nel rigenerarsi continuamente. Opere, che rielaborano ed intrecciano fisica e filosofia, esse ci fanno riflettere, ponendo domande, senza la pretesa di trovare risposte. E’ un’arte coraggiosa che supera ogni stereotipo, che cerca di coniugare l’estetica e la scienza, attraversando la duplicità che diviene infinito. Le riproduzioni cellulari di Elisa Cella sono il mistero della bellezza, quel fascino oscuro ed affascinante presente nell’immensità del cosmo, in cui le particelle esistono. Sono il racconto dell’esistenza, la narrazione dello splendore del reale, la commovente magia dell’inganno, di un’idea, che varia costantemente, “ una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano tra l’esistere e il non esistere ” Carlo Rovelli.
Questa poetica è l’immensità a noi ignota della scienza, l’evidenza di quanto anch’essa riesca a fondersi con l’armonia. Elisa Cella ripropone attraverso le sue strutture biologiche, ovvero con la rappresentazione dei suoi molteplici cerchi concentrici ed ossessivi, l’idea che conduce all’ imperfezione, all’errore, al caos, che in quanto tale paradossalmente possiamo considerare perfetto. Le sue piccole monadi, tutte differenti tra loro rappresentano l’individualità umana,
la sua unicità e la sua intelligenza, ma anche la sua capacità di creare mondi contingenti, aggregati, la capacità di coniugarsi e contemporaneamente di dividersi e di dissolversi. Per sempre: una frase idilliaca e suggestiva che ci rammenta l’eterno: quell’eterno e quell’infinto che l’artista descrive nelle sue opere, in quell’elegante simmetria in cui è racchiusa la narrazione umana e l’enigma della coscienza. Queste opere sono poiesi, in quanto elaborazione di creatività, creatività della natura.
L’opera di quest’artista ci racconta quello che è stato e quello che sarà, la poesia di questo susseguirsi di parole è la risultante di una formula matematica; il presente, il passato e il futuro, questa magica percezione, questa concezione intellegibile che pur mutevole rimane riconoscibile. Quello che è stato e quello che non è, l’immagine e l’immaginazione, tutto questo è scienza, ma anche arte, tutto questo è il risultato del lavoro di Elisa Cella, che racconta di quelle particelle fluttuanti, da cui è nato tutto, particelle esistenti intorno e dentro di noi, un poetico racconto che ricerca l’essenza dell’uomo.
La nostra natura è effimera, la nostra vita preziosa; l’artista, cerca tra le sue opere e i suoi pensieri risposte a grandi enigmi e immense questioni, che certo non risolveremo in queste poche righe, ma come abbiamo già affermato è compito dell’arte porre domande, non dare risposte ed Elisa Cella si chiede cosa significhi essere liberi; riproponendo forme di neuroni tra le sue opere, analizza il concetto di coscienza, dell’esistenza di un “Io”, dell’Inconscio, del libero arbitrio. Le nostre decisioni, sono interazioni tra neuroni o qualcosa di molto più profondo a cui ancora non riusciamo a giungere?
Baruch Spinoza nel XVII secolo affermò che che l’Io e “ i neuroni del mio cervello ” sono la stessa cosa, oggi nel
XXI secolo Carlo Rovelli appoggia questa teoria dicendo: “ Io, come voleva Spinoza, sono il mio corpo e quanto avviene nel mio cervello e nel mio cuore, con la loro sterminata e per me stesso inestricabile complessità ”; il dibattito è aperto.
Per quanto mi riguarda, lascio parlare l’artista e amo svegliarmi ogni mattina con il dubbio, proprio come lei, che con queste texture indaga e propone il punto di contatto tra indefinito e finito, tra armonia e caos continuando a regalarci opere che indagano la magia e il fascino del diverso. E’ così affascinante osservare qualcosa di sconosciuto, ignoto,
di incomprensibile, questo ci rende vivi, umani, un po’ fragili e innocentemente bambini, con quella loro brama di stupirsi e conoscere.
Uno, due, tre, infiniti cerchi… L’imperfetta perfezione di Elisa Cella
BRESCIA | E3 arte contemporanea | 30 maggio – 24 settembre 2015 di MATTEO GALBIATI
La E3 Arte Contemporanea di Brescia sembra quasi voler proseguire nella logica silenziosa e concentrata del “bianco”, colore prevalente anche in questa nuova mostra che, dopo la ricca e affascinante esposizione della scorsa primavera che ha portato negli spazi della galleria bresciana una serie di opere (bellissime!) degli Anni ’70 di Gianfranco Zappettini (1939), presenta ora al pubblico gli ultimi cinque anni della ricerca e dell’esperienza pittorica di Elisa Cella (1974). Un progetto espositivo che, composto da una trentina di lavori, dispiega sulle pareti le tele dell’artista come fossero pagine di un libro, una sequenza di “racconti” che rimandano al suo “universo molecolare”: da sempre, infatti, Cella tesse letteralmente le superfici dipinte intrecciando e stratificando forme circolari, piccoli e grandi cerchi che si addensano e diradano a creare e formulare strutture articolate e complesse. Se questa logica del cerchio – influente e determinante resta la formazione scientifico-matematica dell’artista – da una parte appare avviata a processi costruttivi di composto rigore e annunciata perfezione, dall’altra l’indagine, necessaria alla loro ammirazione e contemplazione, riporta, invece, ad una manualità del fare che ottempera e abilita meccanismi vitali e naturali.
La vita irrompe nelle sue opere nella forma sub-cellulare e molecolare, oppure anche cosmico-stellare; si annuncia nelle aggregazioni circolari che si accampano sulle campiture neutre delle sue tele (da segnalare la delicatezza affascinante delle tele a fondo grigio). Lo sguardo di Cella, quindi, si muove dal micro al macro, da sinapsi neuronali e mitosi cellulari a galassie e pelaghi stellari. Il senso della vita si coglie nell’imperfetta perfezione con cui sono realizzati i suoi conglomerati di cerchi; piccoli e grandi sono tutti fatti a mano. Un lavoro scritturale, minuzioso e disciplinato, attento e sensibile, impegnato nell’affermazione di una logica estrema che, nel contemplare e nell’ostentare occultamente l’errore, riporta lo sguardo ad una dimensione compiutamente “umana” del fare.
Quasi fossero sezioni istologiche o mappe celesti, questi lavori presentano una cura e una definizione quasi spasmodica, ossessiva, dove il rigore ordinato sembra determinare l’assolutezza di una perfezione impensabile. Eppure l’occhio, come si diceva, cerca il dettaglio – ma l’attitudine pittorica stessa dell’artista spinge a farlo – e vuole verificare, comprendere, conoscere tale logica estrema. Un’indagine attenta porta, allora, a trovare proprio l’imprecisione, il dato scritturale, il “fatto a mano” che concede, secondo i processi di una lettura approfondita, analitica e critica, alla ragione l’accesso ad un livello conoscitivo superiore rispetto al contenuto apparentemente meccanico dell’immagine stessa. La conoscenza e l’analisi permettono, quindi, di appianare e correggere quel dato
di perfezione assoluta che lo sguardo, nella sua immediatezza, sembra voler cercare in questi lavori e che, desideroso di meravigliarsi, lo porta ad eliminare, sottrarre e allontanare il segno impreciso, il tocco scritturale che riporta, invece, sempre e comunque, al tocco del pennello, all’impronta pittorica.
Il suo lavoro non ci è sconosciuto, anzi, negli anni abbiamo avuto modo di seguirla “da lontano” apprezzandone
lo sviluppo e la maturazione, inesorabili e inevitabili per una artista che, adottando un codice tanto rigoroso,
affronta la pittura con l’attitudine del vero pensatore. Questa personale conferma e rilancia l’interesse per la suggestione delle sue opere e della sua ricerca nel suo complesso, calata nel quadro generale delle sue riflessioni
e dei suoi esiti. Questa mostra presenta anche delle piacevoli sorprese che rendono giustizia anche all’allestimento che, evidentemente ricercato e curato, trova corrispondenze e sinergie tra le opere esposte nelle due sale della galleria: ad accogliere il visitatore sono le opere in cui i segni circolari sono neri su fondo bianco, il “bagaglio” classico del lavoro di Cella. Nella seconda sala, vero e proprio scrigno del tesoro, invece, il registro cambia e stupisce. Qui si toccano quasi le corde dell’invisibile, della sparizione dove il bianco dialoga col bianco. Tinta su tinta.
La delicatezza si accentua e l’effimera evanescenza diventa il punto di forza determinante, l’elemento chiave la cui energia, che pare quasi sparire e spegnersi, fa, quasi per assurdo, risaltare quella potenza conglomerante e aggregante che si sottintende a tutte le sue opere. In queste lavori recenti Cella tocca e raggiunge un nuovo apice. Un nuovo punto di arrivo che, sicuramente, si farà nuova partenza.
http://www.espoarte.net/arte/uno-due-tre-infiniti-cerchi-limperfetta-perfezione-di-elisa-cella/
ELISA CELLA | INTERVISTA KRITIKA
BY EMANUELE BELUFFI – MAY 2, 2014 – INTERVISTE
Cara Elisa, attualmente stai lavorando a una serie che definirei “opere al bianco”, prossime al monocromatico, la cui costante è ancora il senso di “ripetizione”, ma come si colloca questa nuova serie rispetto alla tua precedente produzione, caratterizzata invece dall’uso del colore (e in taluni casi del bianco e nero)?
Caro Emanuele, se riguardo tutto il mio lavoro, paradossalmente avendo visto i miei ultimi lavori, è il colore che fa
più eccezione. Quando ho iniziato, disegnavo a pallini neri su carta bianca. Solo successivamente ho sentito l’esigenza di passare al colore ed anche al fatto di potere agire sullo sfondo. A quel punto sono passata alla pittura. La maggior parte dei miei lavori rimane comunque nero su bianco ed anche in quelli colorati lo sfondo bianco è predominante.
Il colore è spesso funzionale al soggetto, c’è se sento l’esigenza di metterlo. E quando lo uso, uso colori forti e contrastanti. Qualche anno fa in un lavoro nero su bianco per alcuni dettagli ho usato il bianco su bianco, perché volevo che ci fossero ma non fossero evidenti. E come spesso accade, da questo è germinata l’idea di un lavoro tutto
in bianco, in cui i volumi e la differenza di medium facessero la differenza fra sfondo e primo piano. Nel frattempo stavo e sto facendo disegni (a colori) di varia ispirazione biologica. Ho unito le due cose passando alla tela ed il risultato mi ha convinto.
Nei tuoi lavori l’elemento biologico è una costante: conformazioni segniche che sembrano – sono – aggregazioni cellulari, connessioni neuronali, linearità epidermiche, strutture che fanno pensare a quello stretto connubio che si realizza fra arte e scienza quando, in ambito scientifico appunto, gli sforzi si orientano alla ricerca della teoria “bella ed elegante” (come ad esempio la formula E=mc2). Del resto, tu ci hai mostrato
la bellezza intrinseca del mondo “micro” elevandolo a espressione d’arte. Che cosa ti affascina in senso estetico della struttura, poniamo, delle connessioni neuronali?
Ne trovo “belle ed eleganti” la forma, le diramazioni, le simmetrie, i modi che hanno i neuroni di allacciarsi uno all’altro, di connettersi. Non provo solo un piacere estetico: la cosa che veramente mi affascina è che attraverso quelle connessioni passano le informazioni che il nostro sistema nervoso elabora. Il sistema nervoso, che è formato da
più di cento miliardi di neuroni, elabora percezioni, pensieri, emozioni, comandi, movimenti, intuizioni, tensioni, risposte, la gestione del funzionamento del nostro corpo, etc…Tutto quello che siamo è lì, sineddoticamente:
nelle connessioni neurali. Nel sistema complesso che è il sistema nervoso. Nei rapporti fra questa enorme quantità
di neuroni ed il resto del corpo. Avendo una visione immanente del reale, è proprio il mistero di tutto questo che mi affascina tantissimo. E non solo me, ovviamente: storicamente ed ora nelle ricerche più avanzate delle neuroscienze, una delle domande che l’uomo si è sempre chiesto è proprio: cos’è la coscienza?
Per i Greci l’arte era mimesis, imitazione della natura. Possiamo dunque dire la stessa cosa del tuo lavoro d’arte? Anche gli stessi Greci avevano idee differenti: per Platone dato che le cose già di per sé erano simulacri imperfetti
della realtà delle idee, le immagini artistiche risultavano “copia di una copia” e quindi l’arte non era né rappresentazione né conoscenza, ma confusione. Comunque in generale la natura di cui si occupavano gli artisti
Greci era semplicemente quella che li circondava o che immaginavano (gli dei, la mitologia). O per meglio dire ancora: da sempre l’uomo non ha un’immagine diretta della natura. La visione che ha di essa è sempre veicolata dalla cultura,
e per cultura intendo tutti gli strumenti che l’uomo ha inventato per relazionarsi col mondo: religioni, scienze,
filosofie, miti, credenze, strutture di pensiero, etc. Gli uomini primitivi probabilmente vedevano un temporale,
un cielo stellato, il mare in maniera diversa da come lo vediamo noi o gli Incas o i Greci o i Thai. Non si può scindere
la visione delle cose dalla cultura di chi le guarda. E la nemmeno scindere la rappresentazione, diretta o indiretta,
dalla visione (e quindi dalla cultura) ed inoltre dal linguaggio che poi tutto questo esprime. Adesso la visione della natura che ci circonda sarebbe impensabile senza la cultura, oltrechè la tecnica, che ci ha permesso di vederla come
la vediamo: senza le teorie verificate o da verificare, senza i modelli di pensiero a cui siamo abituati, senza la stratificazione verso il sempre più piccolo e verso il sempre più grande, senza l’etica ed i problemi che ci pone, senza
la religione per chi ci crede, senza tutto quello che già è stato scritto, dipinto, rappresentato, suonato. Tornando
ai miei quadri essi non sono copie figurative di fotografie prese al microscopio di cellule o tessuti. Oltre ai rimandi scientifico-filosofici, risentono di tutta la storia dell’arte che c’è stata nel frattempo, pittura analitica ed astratta compresa: voglio qua solo ricordare il lavoro di Dadamaino, Castellani, Accardi, Bonalumi, il cui lavoro rimanda,
nella struttura ripetitiva, alla molteplicità del reale.
La mente. E il corpo?
Il corpo nel suo complesso è protagonista dell’altra parte del mio lavoro, quella che io chiamo Topologia Sensoriale.
Lì parto dall’analisi della percezione delle emozioni, ovvero di come il corpo percepisce quei momenti particolari
in cui è totalmente dominato da un’emozione. Da come la percepisce e da come la autorappresenta. Penso che l’emozione coincida col luogo dell’emozione, che corpo e mente siano un tutt’uno inseparabile. Non credo nella scissione mente-corpo (né nell’anima-corpo: non credo nella trascendenza). Penso che un’emozione, la sua percezione e la rappresentazione mentale che ce ne facciamo in qualche modo sia un tutt’uno: ne ho una visione olistica. Lavoro sui flussi di energia, sui blocchi di sistema, sui momenti di crisi o comunque di densità. Credo che le
emozioni – sensazioni siano il modo attraverso cui il corpo dialoga con se stesso. In continuo scambio ed elaborazione con l’esterno e con l’interno, questo sistema complesso è tutt’altro che perfetto e ben adattato. Spesso s’inceppa,
non riconosce i suoi stessi segnali, li mistifica. Disegno e dipingo la crisi che ne può derivare.
Hai una formazione di tipo matematico che spazia fino alla filosofia: a volte i tuoi lavori fanno pensare all’organizzazione visuale di un concetto tipico, il cosiddetto “sistema complesso” tematizzato dal filosofo
e sociologo francese Edgar Morin – che tu conoscerai sicuramente – e che si può sintetizzare nella celebre osservazione aristotelica per cui «Il tutto è maggiore della somma delle parti». Possiamo interpretare i tuoi lavori come una rivisitazione in chiave simbolica di un sistema complesso? (in questo caso: del vivente)?
Sì, certo che lo conosco… (meno male che c’è Wikipedia!) Sì, direi che è proprio così. Ed ogni singola parte rivela
la grazia ed il mistero anche del tutto a cui rimanda.
Dicci qual è la differenza fra grazia e bellezza (se per te differenza v’è)
Forse la grazia ha una componente di leggerezza ed eleganza che non è detto che abbia la bellezza. E la grazia rimanda ad una dimensione altra da sé.
Ma credi anche tu alla vulgata secondo cui arte è conoscenza? Guardando i tuoi lavori, io direi di sì. Ma io sono un bracciante di Foggia e dunque non ci credo, a questa vulgata che ci portiamo dietro dai tempi dell’Estetica libresca del 1700. Convincimi, se puoi, del contrario
L’arte, come la poesia, ma anche la molteplicità di cose che fanno gli uomini, richiede conoscenza e al tempo stesso la promuove. E’ poco pensabile potersi sottrarre ad essa. Anche il mio lavoro è sorvegliato dalla conoscenza, talvolta con discrezione altre volte con maggiore insistenza. In definitiva anche la cosiddetta serialità e molteplicità che offre il mio lavoro è essa stessa indagine conoscitiva, ma di quale forma poi di conoscenza sia, quali siano i suoi confini e paradigmi non è possibile saperlo con certezza. L’esecuzione del mio lavoro ha indubbiamente una suggestione iniziale che ha debiti nei confronti di una conoscenza condivisa; ma la tecnica ed il percorso pittorico stesso del mio lavoro si svincola da subito dai miei riferimenti culturali e conoscitivi per offrire esperienza puramente artistica.
L’arte è esperienza dell’arte e da questo nessuno si sottrae, e l’esperienza è una forma di conoscenza.
http://www.kritikaonline.com/elisa-cella-intervista-kritika/
BIo
personale di Elisa Cella a cura di Alessia Locatelli, 2012
La biologia è lo studio di organismi complessi che sembrano essere stati disegnati per uno scopo preciso.
(Richard Dawkins).
L’Arte è traghettatrice di immagini e catalizzatrice di archetipi. Elisa Cella è entrambe le cose.
Un connubio riuscito tra Arte e Scienza nella mostra personale di Elisa Cella, artista genovese, presentata a Milano
il 28 novembre presso lo spazio CityArt.
Vi è una relazione invisibile tra Logos e Mythos, che permette un dialogo tra istanze che paiono lontane.
Già Gregory Bateson si domandava se esistesse un’analogia profonda tra grammatica e anatomia, chiedendosi inoltre se una scienza interdisciplinare fosse in grado di parlare entrambi i linguaggi.
Se la grammatica è una successione finita di regole necessarie alla corretta costruzione ogni linguaggio e per anatomia si intende lo studio delle strutture che compongono un corpo o un’opera, questa mostra è la traccia da seguire per
una contaminatio tra campi di indagine che parevano lontani, ma che hanno ora oltrepassato i loro confini settoriali. La scienza postmoderna, attraverso la fisica quantistica ha apportato all’interno delle discipline scientifiche alcuni caratteri di novità. Se prima c’era una linearità, una nitidezza, nella fisica moderna entrano le sfumature che aprono
la ricerca a nuovi indicatori – non propriamente scientifici e indefiniti – che appartengono a categorie dell’estetica, quale “bellezza, rigore, persistenza, eleganza e grazia”.
Elisa Cella concepisce una rielaborazione pittorica di questo complesso rapporto, creando un dialogo tra categorie scientifiche ed estetiche. Nei lavori esposti, eseguiti lasciando inalterato il bianco fondo della tela – come in un campo d’indagine sterilizzato – appaiono elementi biologici, cellule che fioriscono, si aprono liberando componenti molecolari in dialogo con lo spazio bianco, creando suggestivi paesaggi che, per similitudine, richiamano il lavoro pittorico
di V.Kandinskij all’inizio del secolo scorso, non appena la scoperta del microscopio permise di sondare mondi prima impensabili.
Un lavoro eseguito con la perizia di uno scienziato, elementi composti ripetendo il segno grafico del cerchio – in differenti dimensioni – fino ad ottenere la Forma finale dell’immagine nella sua completezza. Il ripetersi metodologico del segno, unito alla forza del lavoro finito, consente di capire come Elisa abbia fatto proprio in primis il principio scientifico/analitico che, unito a quello artistico, ha permesso di esplicitare nei suoi lavori la fusione tra scienza ed estetica, ribaltando in un certo senso il concetto di Carmagnola di “sensibilità sistemica” che è, nell’atteggiamento scientifico, il “principio artistico di comprensione” che precede e domina il principio analiticodi spiegazione (Carmagnola,1989).
I colori utilizzati, contrastanti e forti, rendono il lavoro finale piacevole ma velatamente instabile e apportano al segno un ulteriore contributo al campo dell’indagine scientifica: esattamente come accade nella microbiologia
in cui gli organismi sono evidenziati e resi visibili attraverso i liquidi di contrasto. Anche la scienza, infatti, possiede intrinsecamente una sua estetica; da una prima intuizione si passa allo studio di formule e diagrammi per ottenere sistemi lineari e funzionali, dotati di ritmo ed eleganza. Basti pensare alla bellezza e alla semplice complessità che scaturisce dall’equazione più rivoluzionaria del secolo: E=MC2, una formulazione definita, essenziale e semplice, certamente “levigata” rispetto alla morfogenesi dell’intuizione di Albert Einstein.
I lavori di Elisa ricordano nel loro linguaggio queste formule, lineari ma esplosive, capaci di generare sistemi autopoietici in cui il prorompere delle strutture si rigenera, contamina e si trasforma proprio come avviene in un organismo. Un’opera complessa, un rimando costante tra gli schemi della ragione e quelli del pensiero, a ricordarci
che la vita abbandona vettori di previsione e controllo per declinarsi in modelli inaspettati, sfuggendo improvvisamente ad ogni categoria e metodo.
Alessia Locatelli
CURRICULUM VITAE
Nata a Genova nel 1974.
Ha studiato Matematica alla facoltà di Scienze MM. FF. NN. dell’Università Statale di Milano, dopo essersi diplomata al liceo scientifico.
ULTIME PERSONALI
2019
L’impossibilità del reale, Galleria Villa Contemporanea, Monza (MB), a cura di Leda Lunghi
Angolo di contatto, bipersonale con Nadia Galbiati, Azimut, Brescia, a cura di Alessia Locatelli e Galleria E3 Arte Contemporanea
2015
Sensazione Concava, Galleria E3 Arte Contemporanea, Brescia, testo di Alberto Rigoni, con catalogo
Elisa Cella + Rassegna videofusion Media, Video e Corpi Gloriosi, Castello Fieschi-Doria-Malaspina, Santo Stefano d’Aveto (GE), a cura di Gabriele Perretta, con catalogo
2013
Cerchio – per un’estetica dell’infinito, bi-personale con Silvia Serenari, Fuel Art Gallery, Livorno, a cura di Alessandro Trabucco, con catalogo
Tracciati, Castello Chiaramontano, Racalmuto (Ag), a cura di Dario Orphée, con catalogo
2012
BIo, Spazio City Art, Milano, a cura di Alessia Locatelli, con catalogo
2008
Bio-Astrazioni, Galleria Andrea Ciani, Genova, a cura di Alessandro Trabucco, con catalogo
Molteplice, Personal Gallery, Torino, a cura di Davide Pesce e Roberto Gaia
ULTIME COLLETTIVE
2020
Museo di Arte Contemporanea Villa Croce, Genova, un suo disegno entra nella collezione permanenete, a cura
della gallerista Caterina Gualco
I Temi dell’Arte: Nudo e Figura, Torre Viscontea, Lecco, a cura di Simona Bartolena e Armando Fettolini, con catalogo Civica Raccolta del Disegno di Salò, Salò (Bs), un suo disegno entra nella collezione permanete, a cura di Anna Lisa Ghirardi
ArteFiera, fiera d’arte, Galleria E3 Arte Contemporanea, Bologna
La bellezza resta., Castello Malaspina Fieschi Doria, Santo Stefano d’Aveto (Ge), a cura di Simona Bartolena
ed Armando Fettolini, con catalogo
2019
Museo di arte Contemporanea, Lissone (MB), la sua installazione 19-C25 è esposta in maniera permanente, a cura
di Alberto Zanchetta
Collezione Castello Chiaramontano, un suo quadro è esposto in permanenza, Pinacoteca del Castello Chiaramontano, Racalmuto (AG), a cura di Piero Baiamonte
La bellezza resta., Chiesa di San Rocco, Carnago (Va), a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo Buste Dipinte, Teatro Sociale, Bergamo, a cura di Claudia Amato e Luisa Castellini, all’interno del Festival delle Lettere, con catalogo
La bellezza resta., Municipio di Merate (LC), a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo 2018
Material, palazzo Olmea, Monza (MB), a cura di Matteo Galbiati, progetto di Maurizio Caldirola Arte Contemporanea Buste Dipinte, Laboratorio Formentini, ex Canonica della Chiesa di San Carpoforo in Brera, Milano, a cura di Claudia Amato e Luisa Castellini, all’interno del Festival delle Lettere, con catalogo
La bellezza resta., Stadtmuseum, Klausen, a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo
OASI, Chiesa di Sant’Agostino, Pinerolo (TO), a cura di Elena Privitera, Luca Storero, Cinzia Pastore
La bellezza resta., Palazzetto dei Nobili, L’Aquila, a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo 2017
Analitica 70 e nuove prospettive, Galleria E3 Arte Contemporanea, Brescia
Estetica Matematica, Galleria Villa Contemporanea, Monza, a cura di Leda Lunghi, con catalogo
Kunst Heilt Medizin – Zehen Werke, Facoltà Teologica Università di Graz (A), a cura di A.B.Del Guercio, I.Guanzini, I.Terracciano, con catalogo
ContemporaneaMente, Museo MAM Villa Ippoliti, Gazoldo degli Ippoliti (Mn), a cura di Gianfranco Ferlisi
The Others, fiera d’arte, Galleria E3 Arte Contemporanea, ex Ospedale Maria Adelaide, Torino
Dietrolequinte, Teatro Sociale, Pinerolo (To), a cura di Elena Privitera, Luca Storero e Cinzia Pastore
La bellezza resta., Galleria Biffi, Piacenza, a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo
Lucca Art Fair 2017, fiera d’arte contemporanea, Galleria E3 Arte Contemporanea, Lucca
2016
Unconventional Views, M.AR.CO., Monza Arte Contemporanea, Monza
La bellezza resta., Binario 7, Monza (MB), a cura di Simona Bartolena ed Armando Frettolini, con catalogo
Expo Arte, fiera d’arte contemporanea, Galleria E3 Arte Contemporanea, Montichiari (BS)
Lavatoys – Arte in un antico lavatoio genovese, Genova, a cura di Angelo Pretolani
XXIII Esposizione Artisti per Epicentro, Museo Epicentro, Gala di Barcellona Pozzo di Gotto (ME), a cura di
Nino Abbate, con catalogo con testi di Valerio Dehò, Antonio Paolucci e Arnaldo R. Brizzi
Freezer – TransumArte, Castello Fieschi-Doria-Malaspina, Santo Stefano d’Aveto (GE), testo ed intervento poetico
di Ivan Fassio, con catalogo
Combat Prize, finalista nella sezione pittura, Museo G.Fattori, Livorno, con catalogo
C&F, spazio Laltalena, Milano, a cura di Massimo Kaufmann ed Ivano Sossella, con catalogo
Innaturalismi, MUST, Vimercate, a cura di Simona Bartolena, con catalogo
NutriMenti, Palazzo D’Aquino, Taranto, a cura di Sara Liuzzi, con catalogo
STUDI – Undo.net – 1’ , studio di Federica Ferzoco, Milano
The Others, fiera d’arte contemporanea, Galleria E3 Arte Contemporanea, ex Ospedale Maria Adelaide, Torino
STATEMENT
Topologia Sensoriale e BioAstrazioni
Topologia Sensoriale
Divido i miei lavori in due gruppi che si spingono in due
direzioni indagativo-espressive diverse:
Una topologia, in matematica, è un ente matematico che descrive la forma di un insieme, elencandone i sottoinsiemi. I lavori appartenenti a Topologia Sensoriale sono quelli in cui compare il corpo o le sue parti ed in cui rappresento sensazioni ed emozioni in tutta la loro fisicità, partendo dalla considerazione che l’emozione coincida col luogo dell’emozione. Credo che le emozioni – sensazioni siano il modo attraverso cui il corpo dialoga con se stesso. In continuo scambio ed elaborazione con l’esterno e con l’interno, questo sistema complesso è tutt’altro che perfetto e ben adattato. Spesso s’inceppa, non riconosce i suoi stessi
segnali, li mistifica.
Disegno e dipingo sineddoticamente la crisi che ne può
derivare.
BioAstrazioni
I lavori appartenenti a BioAstrazioni sono tutti gli altri: cosmologici, biologici, chimici, matematici. Emergono le fascinazioni dei miei studi scientifici, lo stupore di fronte al sottile confine fra vita e non vita, l’emozione nei confronti della bellezza della scienza, il mistero dell’apertura di nuovi orizzonti di pensiero. A questo, spesso, si sommano le domande che l’umanità si è
posta e si pone da sempre ed a cui ha dato risposte diverse a seconda della cultura che si è costruita nel
tempo (religioni, filosofia, scienza).
La matematica ha un ruolo importante nel mio lavoro: a livello tassonomico, come ispirazione, come forma
mentis, come modulo di partenza, come controllo.
LA VISIONE
Ho una visione immanente del reale. Lo analizzo considerandolo nella sua molteplicità, a livello energetico e materico. Penso che nell’immanenza risieda il mistero e la bellezza dell’esistente. La scienza è il metodo esplorativo più avanzato che abbiamo inventato per indagare il mondo, per agire su di esso e per ampliare le nostre visioni del mondo. Come l’arte d’altronde, con strumenti, sensibilità, modalità e scopi
differenti.
Ed io le contamino.
I cerchi inanellano la mia ossessività.
siamo comparsi nel mondo attraverso un’apertura
IL CERCHIO
Ognuno di noi è stato un uovo tondo, racchiuso in un
utero che lo avvolgeva come uno spazio sferico; circolare per poi ritrovarci su un pianeta sferoidale in orbita ellittica attorno al sole e in rotazione sul proprio
asse.
I cerchi sono il modulo in rappresentazioni di eventi modulari: il corpo è fatto di cellule, molecole, atomi, etc. ed il reale, è composto di molecole, atomi, quanti, fotoni,
particelle subatomiche, etc.
Lo zero in matematica è approssimativamente un
cerchio ed il simbolo dell’infinito è un cerchio ritorto.
Il cerchio è la prima figura geometrica che i neonati riconoscono, individuandola ovunque facilmente: è una questione di sopravvivenza, il capezzolo ha una forma circolare.
Quando non sappiamo la forma di un oggetto, o quando la forma specifica non è importante, di solito lo rappresentiamo come un cerchio.
I buchi neri, le stelle, i pianeti, sono tutti approssimativamente sfere. Il momento del Big Bang si immagina come una singolarità in un punto che esplode
come una sfera che si ingrandisce.
Sento una certa affinità, quantomeno nel gesto, con la tradizione delle arti cosiddette minori e tipicamente femminili: ricami, merletti, uncinetto, maglia, tombolo, etc.
Gli acceleratori di particelle sono anelli. I cerchi inanellano la mia ossessività.
REALIZZAZIONE
I cerchi nei quadri sono fatti a mano libera, non uso normografi né compassi o forme, li uso solamente nei cerchi più grandi, dove l’attenzione di chi guarda sarebbe deviata dall’imperfezione. Nei cerchi di piccola o media dimensione l’occhio corregge automaticamente la visione. In alcuni quadri i cerchi sono volutamente lasciati più imperfetti in altri invece sono più controllati. Il lavoro tecnico è una continua tensione fra il controllo e la libertà del gesto. L’imperfezione è una caratteristica importante del mio lavoro.
Negli ultimi anni sto sperimentando nuovi materiali e tecniche: ferro, plexiglas, tubi di metallo, saldature, taglio al laser, video.
Il mio lavoro rimane con una forte componente bidimensionale, ma l’installazione e le luci ed ombre gli fanno abitare lo spazio in maniera diversa ed inaspettata.